Separazione e divorzio: conseguenze cliniche sullo sviluppo del minore

Autori: David Scaramozzino, Fabio Rizzo, Martina Carmellini, Roberta Morero

 

Essere portati, cullati, carezzati, essere tenuti, massaggiati, sono tutti nutrimenti per i bambini piccoli, indispensabili, come le vitamine, i sali minerali e le proteine, se non di più. Se viene privato di tutto questo e dell’odore, del calore e della voce che conosce bene, il bambino, anche se gonfio di latte, si lascerà morire di fame” Leboyer (1996)


 

Partendo dai dati pubblicati dall'ISTAT, risalenti allo scorso anno, in merito ai temi di separazione e divorzio in Italia, possiamo notare come le separazioni abbiano registrato un incremento, mentre il numero di divorzi, abbia subito un decremento, anche se numericamente poco rilevante.

 

 

Dall'analisi particolareggiata dei numeri, emerge come il numero delle separazioni in Italia nel 2010 abbia coinvolto un numero di coppie elevatissimo tanto da sfiorare quasi le 90.000 famiglie, di cui il 68,7% erano coppie con figli nati dal matrimonio.

Dai dati emerge il grande numero di bambini, più o meno adolescenti, che vengono coinvolti nel meccanismo traumatico della separazione, e dunque, non si può non tenere in considerazione ciò che riguarda quelle c­he sono le modalità prescelte di affidamento dei figli, possiamo rilevare che in seguito all'introduzione della legge 54/2006, la quasi totalità delle coppie in fase di separazione scegliesse come modalità quella prevista dalla suddetta legge, il cosiddetto "affido condiviso".

Ciò che emerge dai tassi di separazione e di divorzio, è l’aumento progressivo del fenomeno, con le ripercussioni inevitabili che questo avrà sul successivo sviluppo psicofisico del bambino: mentre infatti possiamo notare come l’affido esclusivo consista in un’esigua percentuale pari al 10,2%, dobbiamo considerare come anche nel caso di affido condiviso spesso si presentino condizioni potenzialmente traumatiche per il figlio, partecipante involontario delle dinamiche conflittuali dei coniugi.

 

LO SVILUPPO INFANTILE

Per poter definire "sano" lo sviluppo psicofisico, è necessario che esso sia congruente e segua in maniera consona l'evoluzione della sfera cognitiva, affettiva e sociale; senza sottovalutare quelle che sono le interazioni che l'individuo stabilisce con l'ambiente esterno nel corso della sua evoluzione. L'analisi degli aspetti affettivi richiede di tenere in considerazione le esperienze psichiche relative alla soggettività, che si sviluppano sulla polarità piacere-dispiacere e che, in base a determinate caratteristiche come intensità, modalità, tempo di insorgenza e di durata, ci permettono di classificarli in : sentimenti, emozioni ed umore.

Con sentimento si intende quella condizione affettiva con una durata maggiore rispetto alle emozioni, che esprime la risonanza cognitiva con cui la persona vive il suo corpo, la socialità e i suoi processi psicologici. Con il termine emozione si intende uno stato mentale e fisiologico, ad insorgenza acuta e rapido esaurimento, che è associato a modificazioni psicofisiologiche e si esprime sul versante corporeo e neurovegetativo. Infine, con il termine umore, si intende il correlato emotivo di fondo della nostra attività mentale,  risultato della costituzione ereditaria e dell'ambiente esterno, e che essendo unico per ogni persona va a costituire il temperamento abituale di una persona e il suo stato affettivo temporaneo.

Vediamo quindi come le precoci relazioni del bambino, sviluppatesi all’interno della relazione con i genitori, influenzano il suo sviluppo agendo sia sulla capacità di gestire le emozioni, sia sul proprio modo di leggere, interpretare e rapportarsi al mondo esterno. A tal proposito, la relazione madre-figlio risulta particolarmente importante in quanto prima relazione significativa del bambino, sulla base della quale impara a costruire i successivi rapporti interpersonali; nel caso in cui si dovesse presentare un’interferenza in tale relazione, indipendentemente dal verificarsi di un’interruzione o di una semplice alterazione, inevitabilmente il bambino andrà incontro ad un vissuto affettivo carenziale, patogenetico di sintomatologie differenti a seconda di diversi fattori: tipo di separazione, età del bambino, presenza o assenza di un precedente rapporto con la madre.

Dagli studi effettuati da Bowlby (2000), emerge come i quadri clinici più gravi siano inversamente proporzionali all’età del bambino: ovvero, minore è l’età maggiori saranno le conseguenze negative sullo sviluppo, col rischio di diventare incapace a costruire relazioni.

Se da un lato quindi il ruolo della madre appare fondamentale nello sviluppo della capacità di relazionarsi emotivamente con gli altri, il ruolo del padre si esplica nel favorire il processo di separazione, attraverso l’introduzione delle regole e del pensiero logico-razionale, per favorire l’apprendimento di un tipo diverso di relazione, più vicino a quello caratteristico dell’età adulta: un rapporto caratterizzato dal rispetto per sé stessi, per l’altro e per le norme e regole della società, non più simbiotico ed esclusivo come quello con la madre.

Presupponendo quindi che per un sano sviluppo della personalità un bambino abbia bisogno delle cure di entrambi i genitori, responsabili in egual misura di aspetti differenti della crescita, occorre valutare come la separazione e la conflittualità genitoriale possa costituire un limite o un ostacolo.

In questi casi per il bambino risulta sempre ostico distinguere le relazioni che intercorrono tra lui e i genitori e le relazioni intercorrenti tra i genitori stessi; si rischia quindi che con la modifica di quest’ultime, il bambino ritenga che si siano modificate anche le prime, inoltre, non possiede quegli strumenti cognitivi necessari per elaborare la “perdita” di uno dei genitori e per comprendere le cause reali delle difficoltà familiari. Spesso è portato ad attribuirsi la colpa del fallimento dell’unione familiare, quantomeno perché non è stato in grado di farsi tanto amare da impedirne la rottura, mentre il vissuto di abbandono può innescare meccanismi di difesa che lo proteggano da ulteriori perdite.

Nei casi di conflittualità coniugale, sia seguita da separazione o divorzio che nei casi in cui si decida di mantenere la relazione, avvengono una serie di modificazioni e di squilibri relazionali che indubbiamente intaccano quello che può essere considerato il “sistema famiglia”, riversandosi su un  bambino che, se troppo piccolo, non ha gli strumenti per comprenderne le dinamiche e le motivazioni. Diventa quindi vittima di manipolazioni non necessariamente consapevoli da parte dei genitori, intenzionati a fare di lui un alleato nella propria lotta contro il partner.

Come vivrà quindi tale clima familiare il bambino, destinatario delle proiezioni disfunzionali da parte di coloro che dovrebbero avere a cuore il suo benessere? Se come abbiamo visto ciò di cui l’individuo ha maggiormente bisogno è l’affetto, la coerenza, la disponibilità, una situazione di perenne conflitto e continua denigrazione dell’altro che effetti può avere sulla sua capacità di instaurare e mantenere relazioni future, o più in generale di rapportarsi al mondo esterno?

Dagli studi effettuati negli anni sulle conseguenze della separazione sui figli emergono quadri differenziati in base all’età in cui questa avviene:

  • 2/3 anni – frequenti regressioni comportamentali: come ricerca di affetto e protezione, succhiarsi il pollice, toccarsi compulsivamente i capelli, problemi del sonno, disturbi del comportamento alimentare, perdita di tappe evolutive precedentemente raggiunte, si è visto che questi comportamenti regressivi scompaiono dopo un anno circa dalla loro insorgenza, nonostante permanga una sorta di generale “fame” di rapporti interpersonali.

 

  • Prima degli 8 anni – manifestazioni di timore, ansia, depressione, fantasie magiche di ricomposizione della famiglia che accompagnano l’angoscia di rimanere abbandonati e soli. Stanchezza, sonnolenza o insonnia, perdita dell’appetito, distrazione, diminuzione degli interessi e dello stimolo al gioco, ripiegamento su se stessi con la percezione di non poter essere aiutati da nessuno.Verso i 5 anni il bambino avverte maggiormente la distruzione del suo mondo relazionale, con la conseguenza di un possibile smarrimento e con frequenti disturbi del linguaggio, soprattutto nei maschi. Problemi maggiori, posso presentarsi nel momento in cui il bambino, crescendo, aumenta la comprensione della situazione in cui si trova, tanto da indurlo ad avere fantasie distruttive e problemi alimentari che potrebbero diventare poi dei veri disordini alimentari.

 

  • Fino ai 12 anni – Anche a quest’età si presentano vissuti di perdita ed una sofferenza con componenti depressive, a causa della maggior comprensione delle dinamiche familiari possono inizialmente manifestare un profondo disagio, per poi lasciar spazio a fantasie di riconciliazione o allo sviluppo di un atteggiamento ipercontrollato e razionale, anche se solo apparentemente, quasi che fosse una corazza per proteggerli da un senso di disorientamento.

 

  • Adolescenza – Possiamo vedere come, mentre le reazioni dei bambini fino ai dodici anni si basano su un eccesso di razionalità, con il passaggio nell'adolescenza i ragazzi, reagiscono con emotività. Il loro comportamento è la reazione al comportamento adottato dai loro genitori che invece di mettere i ragazzi al centro dell'attenzione, come dovrebbe essere nel periodo adolescenziale,  occupano loro stessi la scena al posto dei figli. Aumenta allora la dose di provocazioni degli adolescenti nel tentativo di attirare su di sé l’attenzione dei familiari, distratti dai loro problemi. Molte condotte antisociali vanno lette pertanto come richieste di dialogo, come domande di aiuto, come bisogno di accoglienza e di sostegno.

 

Come abbiamo modo di vedere, le reazioni dei figli alla separazione genitoriale si manifestano con modalità che in base all’età d’insorgenza sono in parte sovrapponibili alle manifestazioni di un “Disturbo post-traumatico da stress”; potremmo quindi considerare la conflittualità genitoriale e la separazione come eventi traumatici di diversa intensità che congiuntamente alterano lo sviluppo psicofisico del figlio; mentre l’evento separazione è da inquadrare all’interno di quelli che sono gli high magnitude events, ovvero eventi traumatici di elevata intensità, il conflitto tra i genitori è da inserire in quelli che sono invece i low magnitude events, microtraumi ripetuti che assumono carattere di cronicità, presenti sia nel caso in cui la coppia separata giunga ad un affidamento condiviso sia nei casi in cui la stessa rimanga legalmente unita.

In entrambi i casi sarebbe quindi auspicabile un intervento di mediazione familiare, finalizzato al fornire psico-educazione ai genitori e sostegno al bambino, cercando di agire congiuntamente sui singoli e sul sistema famiglia, in modo da modificare le interazioni e le ripercussioni che il conflitto di coppia ha sul bambino.

 

POSSIBILITA’ D’INTERVENTO CLINICO

Nel particolare momento di transizione, durante la separazione, soprattutto in presenza di figli, può essere di aiuto una terapia familiare per meglio gestire questo momento; l'intervento d'elezione sembra essere quello sistemico-familiare che mira alla risoluzione del problema in tempi brevi.

Di fronte alla necessità della famiglia di superare il disagio che sta sperimentando, è utile che il problema coniugale venga contestualizzato e compreso nel suo significato alla luce di più livelli di osservazione: quello delle relazioni che in essa intercorrono,  della sua storia evolutiva, della fase del ciclo vitale che  sta attraversando, delle storie personali dei suoi componenti e delle famiglie d'origine.

L'intervento può riguardare un solo componente della famiglia o tutti, ma si ripercuote comunque anche sul resto della famiglia; questo percorso di terapia familiare aiuta tutto il nucleo a contestualizzare questo momento, permette di far emergere le insicurezze dei componenti più fragili della famiglia e li aiuta a gestire la grande quota di incertezza e sofferenza a cui vanno incontro.

Intervenendo sulle dinamiche familiari disfunzionali, si fa leva sulle risorse e potenzialità latenti della famiglia, in modo da poter restaurare un nuovo equilibrio tale da consentire il benessere personale della famiglia.

L’approccio terapeutico Strategico Breve, facente riferimento alla scuola di Palo Alto, opta per una soluzione meno invasiva ma molto interessante, ovvero il trattamento indiretto. Con bambini difficili o esposti a conflittualità coniugale elevata sarebbe preferibile un intervento psicologico che coinvolga solo i genitori o membri adulti della famiglia.

L’origine del disagio del bambino è insita nel suo ambiente circostante, nella dinamica di coppia, nella possibile psicopatologia genitoriale, nelle eventuali dipendenze da sostanze o da gioco. Ognuna di queste possibili carenze ambientali non riguardano direttamente il bambino che, coinvolto prematuramente, non sempre trae il dovuto giovamento dalla terapia, per diversi motivi:

·         Il rischio di sentirsi etichettato come “bambino problematico”

·         Un bambino difficile o problematico potrebbe sabotare la terapia dell’intero nucleo

·         La presa in carico potrebbe ulteriormente far sentire responsabile il bambino delle controversie dei genitori e aggravare i vissuti di colpa.

In tal senso, il lavoro terapeutico si focalizzerà sui genitori, in particolare sulle soluzioni disfunzionali intraprese per alleviare la sofferenza del figlio, le quali, non fanno altro che estremizzare il problema. Il terapeuta, in accordo con la coppia genitoriale, studierà nuove e più efficaci soluzioni strategiche, di matrice paradossale e lontane dalla logica comune, al fine di consentire al bambino di superare le sue difficoltà senza minimamente percepirsi “un bambino in cura”.

Indipendentemente dal tipo di intervento che si sceglie, sarebbe auspicabile, per gestire una separazione in presenza di bambini, attenersi a semplici indicazioni:

-          I genitori devono controllare i loro stati d’animo;

-          I bambini non vanno lasciati nel dubbio e nel silenzio, ma va spiegato loro cosa sta succedendo, nel modo più semplice e chiaro possibile e soprattutto adeguato all’età;

-          I bambini vanno rassicurati che quello che sta succedendo non dipende da loro;

-          I bambini si devono sentire liberi di provare lo stesso amore per entrambi i genitori.

 

AFFIDO CONDIVISO O AFFIDO CONGIUNTO

Successivamente alla pubblicazione della legge 54/2006, si è assistito ad un progressivo incremento dell’affido condiviso in sede giudiziaria; se da un lato tale attribuzione può essere considerata protettiva in vista del successivo sviluppo di una personalità integrata per il bambino, da un diverso punto di vista non si può prescindere da una valutazione individuale che prenda in esame la situazione della singola famiglia e delle dinamiche che ne caratterizzano le modalità espressive.

Occorre infatti valutare caso per caso quale sia l’ottimale soluzione, sempre prendendo in considerazione il benessere del bambino, in quanto troppo spesso unica vittima dei conflitti genitoriali. Risulterebbe infatti disfunzionale e patologizzante disporre un affido congiunto in quei casi descritti poc’anzi, nei quali il bambino arriva a diventare esclusivamente uno strumento nelle mani di genitori esclusivamente incentrati nei propri conflitti di potere, con conseguenze devastanti per il successivo sviluppo del figlio.

Come è stato osservato infatti nel caso della disposizione di un affido congiunto, qualora la coppia risulti inadeguata o manipolatoria nella cura del figlio, dovremmo chiederci quanto la scelta sia giusta se basata esclusivamente sulla base di teorie della personalità che richiedono come necessaria la presenza di entrambi i genitori, e quanto invece risulterebbe preferibile optare per un affido esclusivo, che tenga in considerazione in primo luogo il benessere del bambino.

In questo caso infatti, come osserva Elizabeth Kubler Ross, la perdita del genitore porterà il bambino ad una risposta simile a quella presente nelle reazioni di lutto, con 5 stadi progressivi: negazione, rabbia, negoziazione, depressione ed accettazione; un intervento che sostenga la famiglia ed in particolare aiuti il bambino ad elaborare la perdita del genitore, unitamente alla spiegazione delle motivazioni alla base della scelta, potremmo ritenerlo preferibile alla permanenza in una situazione di cronica conflittualità.

COSA FARE

Ciò che emerge è quindi la necessità di un’accurata analisi degli schemi familiari, della conflittualità genitoriale, con una particolare accortezza all’età del figlio ed al ruolo che assume all’interno del rapporto coniugale; solo dopo tale analisi è possibile organizzare un intervento individualizzato che permetta alla famiglia a seconda della situazione:

·         Di superare un momento di impasse

·         Di affrontare la separazione con l’obiettivo di non rendere il bambino vittima della situazione

·         Di lavorare sulla conflittualità di coppia e sul non coinvolgimento del bambino nelle dinamiche disfunzionali dei genitori

In questi casi il bambino prende coscienza rapidamente dei cambiamenti e delle fragilità della coppia genitoriale pur non volendoli accettare. Ciò impone chiarezza associata ad estrema delicatezza. Il compito dei genitori nonché degli operatori del settore è quanto mai delicato.

Come scrive magistralmente D. Winnicott: ”Se tutto va bene il bambino può in effetti ottenere guadagno dall’esperienza di frustrazione, poiché l’adattamento incompleto al bisogno rende gli oggetti reali, vale a dire odiati altrettanto quanto amati 

 

 

 

Autori

*David Scaramozzino : Psicologo Clinico – Psicoterapeuta, Esperto in psicologia delle Dipendenze e Psicologia Giuridica.

*Rizzo Fabio: Dott. in “Scienze e Tecniche Psicologiche della Valutazione e Consulenza Clinica

*Carmellini Martina: Dott.ssa in “Scienze dell'investigazione”.

*Morero Roberta: Scienze Psicologiche Applicate

 

Bibliografia

Bogliolo C., Bacherini A. (2005). Bambini Divorziati. Del Cerro.

Bowlby J. (2000). attaccamento e perdita. vol. 2 la separazione dalla madre. Bollati Boringhieri.

Farris M. A. (2002). storie di vita di giovani con genitori separati e/o divorziati. Sussidi didattici di Psicologia dello Sviluppo, Dipartimento di Scienze dell’educazione, Università degli studi “Roma Tre”.

ISTAT (2012). separazioni e divorzi in italia.

Leboyer F. (1996). shantala. l’arte del massaggio indiano per far crescere i bambini felici. Sonzogno.

Pipinato D. bambini divorziati. le possibili conseguenze sui figli della separazione genitoriale. Azione Cattolica Italiana.

Winnicott D. Gioco e realtà, trad. Giorgio Adamo e Renata Gaddini, prefazione di Renata Gaddini, Roma: Armando, 1974


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